- Premessa:
«Quando Dio creò gli abitanti della Terra pensò anche al modo di alimentarli. Agli animali carnivori diede dei lunghi denti a forma di lama per poter tagliare (vedi i lunghi canini dello squalo e delle fiere), e l'articolazione mandibolare a forbice per meglio tranciare. Gli erbivori invece furono strutturati in modo tale che il loro muso tendesse verso terra per brucare meglio, mentre, all'uomo eretto, diede mani con agili dita per poter spigolare e raccogliere frutti dagli alberi. Gli regalò anche dei buoni denti a forma di mola ed un'articolazione mandibolare capace di muoversi in tre direzioni proprio per masticare agevolmente il cibo che gli aveva preparato. Poi, al sesto giorno della creazione Dio gli disse: "Ora ti do tutte le piante con i loro semi così avrai il tuo cibo". All'inizio l'uomo si nutriva secondo il suo istinto, e come gli animali, sapeva scegliere secondo i suoi bisogni, ciò che la natura stessa gli offriva: cereali, frutta, erbe, radici, legumi. Molto più tardi, con il progresso, l'uomo si trasferì in centri rurali ed urbani e non ebbe più bisogno di usare l'istinto per procurarsi il cibo perché poteva coltivarselo oppure accettare ciò che gli veniva proposto. Così a poco a poco, questa sua facoltà si offuscò. Poiché l'uomo è l'animale che meglio si adatta a qualsiasi sistema di vita, a qualsiasi tipo di cibo, anche fuori dal suo ambiente naturale, riuscì ad adattarsi anche alla vita caotica dei nostri giorni. Anche il suo cibo cambiò, non più quello semplice e SALUTARE, che si procurava un tempo, ma molto più vario, con gusti più forti, più sofisticato, più artefatto. Ma è in grado ora l'uomo di scegliere il cibo più adatto ai suoi bisogni? Per lo più non ci pensa nemmeno. Essendo oggi la vita molto frenetica, l'uomo ha poco tempo per riflettere su come nutrirsi, e fidandosi del fatto che altri hanno scelto per lui, accetta pigramente ciò che gli viene proposto dal sistema. Oggi, il cibo viene per lo più prodotto per dare piacere, che, per essere scelto, deve risultare sempre più gradevole al palato e sempre più piacevole agli occhi, ma pochi si chiedono come viene fatto. Perciò è bene ricordare che si può morire anche di piacere. ?Staccandosi dalla natura e dimenticando il suo istinto per orientarsi verso ben altre mete, l'uomo si è visto piovere addosso tutta una serie di disgrazie che prima non conosceva: gravi malattie, turbamenti psichici, disadattamento, alienazione?. Comunque, intelligente com'è, ora l'uomo ha capito che è giunto il momento di correre ai ripari. Ma è in confusione, perduto nel mondo del progresso, dei computer e della chimica. Vorrebbe ritrovare il suo istinto perduto, ma ciò gli riesce molto difficile, tanto è condizionato da quanto lo circonda. Perché non consigliarlo di cominciare da capo? Perché non operare una sorta di ritorno alla natura, un riavvicinamento alla vita semplice, ai cibi genuini? Questo può essere il primo passo perché possa ritrovare se stesso, il proprio equilibrio, la propria salute e con questa la gioia di vivere.»