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IL MISTERO DELLA LUCE

IL MISTERO DELLA LUCE

€ 20,00

ARGOMENTI TRATTATI «Marco Margnelli, medico chirurgo, specializzato in chirurgia generale, è stato ricercatore neurofisiologo presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) per 15 anni. Da anni studia gli stati modificati di coscienza compiendo ricerche sperimentali Nuflo stato ipnagogico, sul sogno, sugli stati di coscienza indotti da sostanze psicotrope e sulla trance ipnotica. Ha studiato approfonditamente l'estasi mistica potendone osservare direttamente numerosi episodi, tra i quali quelli dei veggenti di Medjugorje. Si è anche interessato a fondo del fenomeno delle stigmate, potendo studiare direttamente cinque portatori di tali ferite mistiche. Attualmente è direttore del Centro Studi e Ricerche sulla Psicofisiologia degli Stati dà Coscienza, presidente della Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza, autore di più di un centinaio di pubblicazioni scientifiche e autore di cinque libri (in uscita con le Edizioni Segno: "Studi sulle stigmate" e "Studi sull'estasi"). L'estasi della passione è una particolare categoria dell'esperienza estatica che viene vissuta esclusivamente da coloro che portano sul proprio corpo segni della crocefissione, e cioè dagli stigmatizzati. Non si tratta di uno stato di coscienza differente dall'estasi in sé stessa, si tratta di un'estasi nella quale viene vissuta un'esperienza particolare, un po' come dire che se si trattasse di un sogno, sarebbe un sogno che si distinguerebbe dagli altri non per la "forma", ma per il suo contenuto. È un'esperienza mistica che abitualmente si verifica solo una volta all'anno, nella Settimana Santa che ha una durata di circa tre giorni. Secondo la narrazione dei Vangeli, il giovedì della settimana di Pasqua, Gesù consultò con gli Apostoli la cena pasquale e poi si recò nell'orto degli ulivi ove, verosimilmente, ebbe un'estasi ("Ed entrato in agonia, pregava più intensamente", Luca 22, 44) durante la quale sudò sangue. A sera venne arrestato e portato alla casa del sommo sacerdote ove passò la notte, insultato e percosso da coloro che l'avevano in custodia. La mattina del venerdì, dopo un sommario processo da parte dei sacerdoti, dei capi del popolo e dei dottori della legge, venne portato al cospetto di Pilato e accusato di fomentare rivolte, di istigare il popolo a non pagare i tributi ai Romani ed affermare di essere il re dei Giudei. Pilato, non convinto della colpevolezza di Gesù e ritenendo che il caso fosse di competenza delle autorità giudaiche, lo mandò da Erode. Questi, a sua volta poco persuaso delle accuse, ma soprattutto dagli accusatori, lo rimandò a Pilato. Ambedue temevano che condannando Cristo avrebbero provocato una sollevazione popolare e, di nuovo, Pilato si rifiutò di condannarlo a morte, proponendo invece di infliggergli una punizione corporale e poi di lasciarlo libero. A questo punto fu la folla che assisteva al giudizio che cominciò a chiedere a gran voce la crocefissione e Pilato, di nuovo intimorito dalla possibilità di un tumulto, cedette. Si procedette allora immediatamente alla flagellazione, alla coronazione di spine e, quindi, a condurre Gesù sul luogo del patibolo e a giustiziarlo. L'estasi della passione, dunque, consiste nel vivere fedelmente queste vicende immedesimandosi col Cristo cosi che sul corpo di coloro che la vivono compaiono i segni della flagellazione, delle spine o le lesioni alle ginocchia provocate dalle cadute sul selciato durante il cammino verso il patibolo. Ciascun momento della Passione è in qualche modo riconoscibile da un osservatore esterno sia per le espressioni mimiche, che per le posture che assumono le membra o il corpo degli estatici, sia per le grida che essi emettono o, talvolta, le parole che pronunciano. Il giovedì è contrassegnato da sudore di sangue, angoscia e pianto, talvolta con lacrime pure di sangue. Il venerdì, naturalmente, contrassegnato da momenti di grande drammaticità, con grida di dolore, spasmi del corpo, alterazioni del polso, della respirazione e della pressione del sangue che rivelano l'intensa sofferenza con la quale vengono vissute la flagellazione e la coronazione di spine. Uno dei momenti più drammatici è quello nel quale vengono infitti i chiodi, perché non solo l'estatico urla di dolore e si contrae negli spasimi della sofferenza, ma anche perché le stigmate si cruentano e cominciano a sanguinare a profusione. Finalmente, verso le tre del pomeriggio, dopo una penosa agonia, Gesù mori e lo/la stigmatizzato/a muore con lui nella sua immaginazione, mimando col corpo, con l'espressione del volto e con grida o parole di sconforto il momento nel quale sopravviene il trapasso. I segni della morte sono impressionanti e fedeli: in genere i testimoni vengono colpiti dallo sguardo che, da un'espressione di angoscia/incredulità/paura passa a una fugace velatura e poi alla quiete del sonno finale. Nella storia della stigmatizzazione esistono diverse (anche se non particolarmente numerose) testimonianze di queste spettacolari manifestazioni storiche, sia di teologi che di medici [...] A questo genere di esperienza va incontro annualmente Elia, che tengo sotto osservazione da due anni e che, tra altri esami, ho sottoposto anche ai test di Rorshach e MMPI (esami che servono a valutare lo stato di salute mentale), i quali non hanno evidenziato alcuna patologia e, in particolare, nessun sintomo di isteria. Elia è portatore di stigmate permanenti, quattro localizzate ai polsi, nella vera sede nella quale venivano inflitti i chiodi ai condannati alla crocefissione, consistenti in due ferite sulla superficie dorsale e due sulla superficie ventrale dei polsi, che hanno la forma di lesioni lineari poste trasversalmente all'asse maggiore dell'arto e sono della lunghezza di circa due centimetri sul dorso, un centimetro sulla superficie inferiore. Due altre stigmate sono localizzate alle caviglie (Invece che ai piedi), anch'esse lineari, ma, al contrario di quelle degli arti superiori, sono poste verticalmente, ovvero parallele all'asse maggiore della gamba. Sono lunghe circa un centimetro e mezzo. Sia quelle degli arti superiori che quelle degli arti inferiori sono poco profonde e assomigliano a delle escoriazioni che abbiano raggiunto il derma. All'emitorace destro, poco sotto il capezzolo, si trova una ferita orizzontale, di forma lineare, della lunghezza di circa cinque centimetri, che appare leggermente slabbrata, ma, come le altre, è poco profonda. Queste stigmate non scompaiono mai e sanguinano e dolgono ogni venerdì. Tutti gli anni, in occasione della settimana santa, Elia ha un'estasi della Passione e alla scadenza di quest'anno mi ha permesso di presenziare all'evento. Il giorno 17 aprile 2003, giovedì santo, insieme a una troupe televisiva, mi sono recato all'albergo (un albergo per religiosi, a Roma) ove si trovava ospite lo stigmatizzato. Nel percorrere il corridoio che conduceva alla stanza in cui Elia giaceva a letto, si avvertiva un fortissimo profumo di rose, la cui intensità finiva per dare quasi fastidio e diventare, se possibile, ancora più forte in camera, anche se dopo una decina di minuti si finiva per abituarcisi e a non avvertirlo quasi più...» Estratto dalla prefazione n° 2 - Relazione del Prof. Marco Margnelli.   Riferimenti Bibliografici

LA DIVINA PROVVIDENZA ED IL CONDOTTIERO DI DIO

LA DIVINA PROVVIDENZA ED IL CONDOTTIERO DI DIO

€ 21,00

ARGOMENTI TRATTATI - Estratto della prefazione di P. Renè Laurentin: «Chi è dunque Fra' Elia? E un uomo semplice, trasparente, umile, di piccola taglia, calmo ma sostenuto da un profondo ardore interiore. Senza inizio e senza fine, è in cerca di un luogo, un convento da restaurare. Ne trova uno a Udine, un altro nel Veneto, un altro in Toscana, un quarto a Bergamo (troppo cari malgrado l'aiuto di Fiorella e di altri amici). Fu a questo punto che il sin­daco di Calvi, una cinquantina di chilometri a nord di Roma, gli disse: nel mio paese c'è un piccolo convento del 13° secolo, in rovina, te lo pos­so cedere a buon prezzo: 200 milioni di lire..." (100.000 Euro attuali). Si dette vita ad un'Associazione-Onlus chiamata Fra' Elia degli Apostoli di Dio, che in data 25 giugno 2003 versò a titolo di caparra un acconto di 25.000Euro, e per il resto, aprì un mutuo bancario a 15 anni. Tutto ciò cambiò la sua esistenza in vita di preghiera e lavoro, vita d'unione con la Passione di Cristo. Fra' Elia, abilissimo con le mani, lavora alla ristruttu­razione del convento unitamente a 5 operai sotto la tripla, benevola dire­zione, di un architetto, un ingegnere ed un avvocato, tutti e tre di Bergamo. Fra' Elia mi venne a trovare nel febbraio 2005 e il 27 marzo 2006 sono venuto io a scoprire questo piccolo monastero che Fra' Elia sta ristrutturando da tre anni. Le volte, in parte conservate, hanno ritrovato la loro armonia originale. Egli ridona una nuova giovinezza alle rovine abbandonate così che l'antico convento ritrova la sua anima ispiratrice, prolungata dai restauri e dai moderni interventi in corso di realizzazione. Si notano ancora dei muri senza tetto, si stanno costruendo camere per i confratelli, per le suore e per una quindicina di ragazzi. Ci sono già dei candidati in attesa. Il convento dispone di tre ali, i ragazzi in centro, i confratelli alla sinistra e alla destra le suore. È tutto per ora, non vogliamo anticipare nulla. Cosa pensare di Fra' Elia? Non sta a me giudicare. Lo sta facendo, con discernimento e rigore, il Vescovo di Terni, mons. Vincenzo Paglia, uno spirito notevole, ben cono­sciuto nell'ecumenismo come fondatore del movimento S. Egidio, di vasta portata internazionale. La nostra prefazione si atterrà alla personalità "fuori-serie" di Fra' Elia: personalità trasparente che sto scoprendo gradualmente. Ciò che lo caratterizza sul piano umano, è la semplicità di un bambi­no allevato in campagna a contatto della terra e degli animali della masseria, un uomo tutto d'un pezzo, semplice, diretto, senza sovrastrutture, molto saldo interiormente. La sua vita è discretamente trasfigurata a causa della sua identificazione in Cristo nelle sofferenze della Passione, ma anche dalla gioia e sicurezza della rinascita. CIO’ CHE CONTA NELLA SUA VITA E LA FIGURA DEL CRISTO CON IL QUALE DIVENTA UNO. Egli si dedica semplicemente con tutto se stesso ad ognuna di queste attività in contrasto tra di loro: lavoro di muratore, uomo tuttofare, accoglienza degli ospiti, le sue stigmate, in cui vive e soffre integralmente tutta la Passione del Cristo, dall'agonia alla resurrezione. Il digiuno a soli liquidi che prolunga lungo tutta la Quaresima non ha mai arrestato il suo lavoro quotidiano. Egli è dolce ed esigente nello stes­so tempo, paziente ed intraprendente, disponibile alla grazia più che programmatore e calcolatore, ma coerente e con le idee molto chiare. Tutto ciò si riflette nell'armonia delle costruzioni e nello stile accogliente della casa ed ha il sapore di una bellezza che viene da più lontano di lui. Nel vederlo vivere non sembra schiacciato né sovraccaricato dalla grazia che lo abita. Egli procede deciso in tutto ciò che fa, come un buon cavallo che sente la mano del cavaliere che lo guida. Carismi Questa grazia interiore é l'essenza della sua vita, completata da carismi, doni dello Spirito Santo che danno armonia e forza alla sua testimonianza e alle sue azioni. Egli manifesta anche la gratuità di Dio. La sua missione beneficia dai Carismi di VISIONI A DISTANZA, VISIONI NELL'AVVENIRE, NELLO SPAZIO E NEI CUORI MA ANCHE DI CONVERSIONE E GUARIGIONE - anche BILOCAZIONE, fenomeno conosciuto da secoli (St. Ambrogio IV s.), che ho avuto modo di studiare ("Bilocazioni di M. Yvonne" - Aimée edizioni F.-X De Guibert 1990) e che ho potuto verificare andando a vedere Natuzza di Paravati in Calabria. Questo fenomeno non è stato oggetto di studi propriamente scientifici, è molto difficile da osservare dato che non si può stare in due luoghi diversi nello stesso tempo. Ci si è limitati al controllo per verificare la coerenza del fenomeno cosi da poterne almeno spiegare e circoscrivere. Alcuni si domandano se si tratta di un fenomeno pretenaturale, una di quelle possibilità della natura umana perduta dal peccato, oppure (ed il più evidente) un dono soprannaturale. I teologi la spiegano come una capacità dell'anima d'agire e di mate­rializzarsi a distanza, altri, che hanno studiato il fenomeno da più vicino, parlano nello stesso tempo (in modo mistico) di CORPO ASTRALE o ETERICO, o meglio, ENERGETICO dato che egli estende l'azione dell'anima a distanza o ancora di "CORPO SPIRITUALE" secondo l'espressione di San Paolo in 1 Cor 15,44. I Carismi sono i doni operazionali dello Spirito Santo che manifestano la sua potenza attraverso i suoi Profeti e Strumenti. Fra' Elia digiuna durante tutta la Quaresima a sola acqua, senza debolezze né reazioni apparenti. Sovente le bilocazioni cooperano ad una mis­sione di guarigione o altro. A titolo d'esempio: un Prelato italiano, mons. Eugenio Martorano, già ufficiale di Curia, presso il Tribunale ecclesiastico di Roma, dopo essere stato in visita da Fra' Elia per chiedergli di pregare per la sua operazione (gli era stata diagnosticata una brutta malattia per cui doveva asportare un rene). Fra' Elia gli spiegò come curano gli Angeli... E poi durante la notte, andò in bilocazione da lui e lo curò... quando i chirurghi operarono, asportarono una cisti ed il rene rimase al suo posto. A distanza di due anni monsignore sta benissimo. Un'altra volta Fra' Elia raggiunse in bilocazione un bimbo che aveva ingoiato un mozzicone di sigaretta: si doveva portarlo in ospedale, Fra' Elia arrivò e, la sua mano guidata dal suo Angelo riuscì ad afferrare il mozzicone che lo stava soffocando. Molti casi come questo sono stati verificati e pubblicati con l'autorizzazione dei testimoni. Fra' Elia possiede anche il dono DELLA LIBERAZIONE di coloro che vengono tormentati sotto svariati modi, dal demonio [...]. » Riferimenti Bibliografici

PELLEGRINO NEL MONDO E PER IL MONDO

PELLEGRINO NEL MONDO E PER IL MONDO

€ 19,90

ARGOMENTI TRATTATI - Tratto da "Ineffabilità di Dio" di padre Agostino Trappé: «Ne segue che parlando di Dio sia più facile dire ciò che non è anziché dire ciò che è. «Stia attenta la vostra Carità, dice Agostino al suo popolo, Dio è ineffabile; più facilmente diciamo ciò che non è anziché ciò che è. Pensi alla terra: Dio non è questo! Pensi al mare: Dio non è questo! Pensi a tutte le cose che sono sulla terra, agli uomini e agli animali: Dio non è questo! A tutte le cose che sono in mare o che volano nell'aria: Dio non è questo! A ciò che splende nel cielo, alle stelle, al sole, alla luna: Dio non è questo! Pensi al cielo: Dio non è questo! Pensi agli Angeli, alle Virtù, alle Potestà, agli Arcangeli, ai Troni, alle Sedi, alle Dominazioni: Dio non è questo! E che cosa è? Questo solo ho potuto dire: ciò che non è. Mi chiedi che cosa è? Ciò che occhio non ha visto, né orecchio ha udito, né è penetrato in cuore d'uomo. Come pretendi che salga sulla lingua ciò che non è entrato nel cuore?» (Enarr. in ps. 85, 12). Ma anche questa conoscenza negativa di Dio è molto importante perché è l'inizio della conoscenza positiva. Quando pensi a Dio «e ti si presenta alla mente qualcosa di simile alla natura corporea, rifiutala, allontanala, negala, rigettala, scacciala, fuggila. Non è del resto un piccolo indizio nella conoscenza di Dio se, prima di poter conoscere che cosa egli sia, cominciamo a sapere che cosa egli non è» (Ep. 120, 3. 13; cf. De Trin. 8, 2, 3). Scrive dunque Agostino: «Concepiamo Dio, se possiamo, per quanto lo possiamo, buono senza qualità, grande senza quantità, creatore senza necessità, al primo posto senza collocazione, contenente tutte le cose ma senza esteriorità, tutto presente dappertutto senza luogo, sempiterno senza tempo, autore delle cose mutevoli pur restando assolutamente immutabile ed estraneo ad ogni passività. Chiunque concepisce Dio a questo modo, sebbene non possa ancora scoprire perfettamente ciò che è, evita almeno con pia diligenza, per quanto può, di attribuirgli ciò che non è» (De Trin. 5, 1, 2) ». S. Agostino: L'ineffabilità di Dio, in AA. VV. «La ricerca di Dio nelle religioni», EMI, Bologna 1980. Parlare di un uomo di Dio è come parlare dell'ineffabilità di Dio, cioè dell'impossibilità di dare una collocazione, una classificazione ed una qualificazione alla storia ed alla persona che vive questo particolare e unico rapporto di appartenenza Trinitario. Così se pur collocato nella storia umana, un uomo di Dio, risponde ed agisce con Dio, in Dio e per Dio. Le sue azioni ed i suoi riferimenti anche se riconducibili, ad un primo esame, ad una normale vicenda umana, sono infinitamente impregnati di una nota spirituale e di pura trasparenza. Perciò Fiorella quando ha iniziato a scrivere il quarto libro su fra Elia è stata colpita dall'interrogativo categorico: "Come faccio a raccontare la storia di un uomo che è vissuto da Dio?". La risposta non si è fatta attendere, il Signore al momento giusto sa come aiutare e suggerire il da farsi. Il modello a cui si è ispirata Fiorella è quello del racconto, racconto di storie vissute, di eventi accaduti, di sensazioni, di sentimenti. Nulla di più attuale, inculturato (per usare un termine caro all'antropologia moderna) e vero che parlare delle esperienze vissute e far parlare gli eventi per raccontare l'attenzione di Dio verso quest'uomo e verso tutti gli uomini di questo tempo. Partendo da queste testimonianze di autentica vita vissuta si può dire ciò che fra Elia è. Chiamare per nome un uomo di Dio significa certamente riconoscerlo come tale. La storia e la vox populi ne rende testimonianza ancor prima di coloro che sono chiamati ad esprimere un giusto e retto giudizio su di lui e sulla veridicità della sua missione. Dire attraverso la vita del quotidiano e dei fratelli incontrati ed amati che cosa Dio ha fatto utilizzando quest'umile uomo è dire e sottolineare che cosa fa Dio per ognuno di noi ogni giorno, come lo fa e perché lo fa. Il linguaggio che il Signore ha sempre usato è quello dell'esperienza, della comunione e della condivisione. Il Cristo, figlio di Dio, ha spezzato e ha spartito il pane ed i pesci con i suoi e con una moltitudine, così fra Elia spartisce con tutti la speranza e la gioia di vivere Dio. Non racconti mitologici o iperbolici, come alcuni teologi moderni si gloriano di definire passi dell'antico testamento, ma racconti semplici. Autentici perché vissuti da testimoni oculari che narrano a modo di cronaca la presenza di Dio in ogni storia umana. Il canovaccio della narrazione è simile a quello utilizzato tanto tempo fa dagli anziani saggi che, davanti ai focolari, attraverso la rievocazione di storie vissute trasferivano ai giovani ascoltatori una saggezza e una forza che si sarebbe conservata e tramandata per sempre. Questa modalità è stata suggerita a Fiorella per raccontare fra Elia, per tramandare un contenuto esistenziale che travalica la semplice umanità e che è intrisa di un profumo di infinito che spesso supera la nostra comprensione perché fa intravedere l'ineffabilità di Dio presente in quest'uomo. Raccontare è anche un modo incisivo per dire che cosa fra Elia non è. La realtà non passa mai attraverso la fantasia ma si fissa in un blocco monolitico di concretezza e tangibile verità, che possono essere trasfigurate solo se immerse nell'acqua pura dello spirito. Ecco allora che i racconti sono la narrazioni di queste due realtà, quella umana e quella spirituale le quali si completano a vicenda dando insieme un valore integrale alla figura umano-spirituale di Elia degli Apostoli di Dio. Nelle descrizioni si possono assaporare la consistenza delle storie umane trasfigurate dall'indicibile ed indescrivibile potenza dello Spirito che avvalora e realizza un preciso messaggio e insegnamento per l'umanità di questo tempo. Possiamo leggere queste pagine come un semplice racconto ma anche come un canto di insondabile bellezza alla gloria ed all'amore di Dio. Il canto più bello con le note più alte e melodiose lo sta intonando ancora oggi fra Elia alla Trinità per intercedere in un abbraccio di amore sofferente per ognuno di noi. Leggiamo bene queste pagine perché in qualcuna di esse potrebbe esserci anche la nostra storia e forse potremmo rivedere, comprendendo le esperienze vissute, sotto la luce dell'amore di Dio.» Riferimenti Bibliografici

PER CONOSCERE FRA ELIA

PER CONOSCERE FRA ELIA

€ 7,00

ARGOMENTI TRATTATI - «Nessuna pretesa nel presentare in maniera semplice ed il più possibile oggettiva una parte della vita di Fratello Elia (una biografia generale è stata già scritta dalla signora Turolli Fiorella ed una più Teologica-Dogmatica è in via di ultimazione). In questo brevissimo testo si è cercato di descrivere non tanto la figura Elia Cataldo, quanto di dare una sommaria traccia dell'intervento di Dio sulla persona "Fra Elia". In buona sostanza questo è il tema principale: come interviene Dio nella vita di questo umile servo e come potrebbe intervenire nella nostra vita se noi lo facessimo agire. Dalla narrazione ne consegue che Fra Elia sembra abbia anche la funzione di specchio che riverbera l'azione di Dio, che traduce in atto ciò che Dio è; che trasforma in vissuto ciò che Dio vuole vivere insieme all'uomo. Fra Elia sembra vivere in Dio in maniera totale, come una goccia di acqua nell'infinito oceano; ma anche Dio infinito, sembra vivere in lui e con lui, per agire, sentire e amare all'unisono in una sola nota d'amore. Forse ad una prima conoscenza della persona Fra Elia questo non pare evidente, perché l'umiltà che lo contraddistingue ha lasciato spesso senza parole, perché la sua mancanza di "orgoglio" ha disarmato persone di ogni genere e grado sociale, perché la sua forza consolante non ha mai smesso di lasciare un segno di speranza in ogni fratello incontrato. Ma questa mancanza di sensibilità non dipende né da Fra Elia né dal mistero che lo coabita ma dalla nostra cecità e dalla nostra durezza di cuore, siamo noi che non vediamo e che comprendiamo ciò che più ci piace. Tu, immerso nel mistero di Dio, ti stai offrendo per darci una speranza ed aprici gli occhi. Grazie di cuore. Con affetto la tua Fraternità.» Riferimenti Bibliografici

UN ANGELO CON LE STIGMATE SE FERMATO A CASA MIA

UN ANGELO CON LE STIGMATE SE FERMATO A CASA MIA

€ 15,00

ARGOMENTI TRATTATI - Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (12,4-11) "E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio della scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell' unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole". Parola di Dio PREFAZIONE "V'è davvero l'ineffabile. Esso mostra sé, è il mistico" (LUDWIG WITTGENSTEIN, Tractatus logico- philosophicus, proposizione 6.522). E certamente una delle vette della ragione è rendersi conto dell'infinità di cose "che la superano" (BLAISE PASCAL, Pensées,466), che la trascendono. L'assurdo, come il mistico, il miracolo, come il folle o il fenomeno paranormale trascendono spiegazioni istantanee e troppo facili; e la cosa si complica se l'inspiegabile entra di prepotenza nell'ambito esplicito della fede cristiana. La Chiesa Cattolica è estremamente cauta nell'attribuire origine divina e miracolosa a fenomeni paranormali (apparizioni, guarigioni, ecc.) che possono coinvolgere una o più persone. Anche nel nostro caso ci troviamo di fronte a qualcosa di "strano": Elia è al centro di una ricerca a volte affannosa di determinate persone desiderose di guarigione, del corpo o dello spirito poco importa, ma anche di fatti sensazionali; Elia vive momenti estatici, anche dolorosi, che come teologo non posso valutare finché sono in atto; Elia ha comunque una buona parola, un incoraggiamento per molti. Quello che rende interessante il suo caso per la Chiesa Cattolica è il suo riferire a Dio il buono che molti ritengono di aver ricevuto per suo tramite e lo fa nel contesto di una sua adesione personale alla fede cristiana così com'è vissuta nella Chiesa Cattolica. La Chiesa Cattolica è chiamata in causa proprio dalla fede chiaramente affermata da Elia, molto più che dal concorso di popolo, il quale talvolta potrebbe essere ritenuto un po' troppo credulone, un po' troppo bisognoso di "pane e miracoli" perché schiacciato dal peso insostenibile della libertà (liberamente da DÓSTOEVSKIJ, La leggenda del Grande inquisitore, nei fratelli Karamazov). Ma che cosa può fare? Innanzitutto Chiesa Cattolica sono tutti i battezzati che a vario titolo e in varie occasioni possono interagire con persone che, come Elia, si trovano al centro di qualcosa di "inspiegabile", ma che "si mostra". Nella Chiesa Cattolica c'è poi un Magistero ben preciso che ha il compito interno alla comunità cristiana di valutare detti eventi. Qual è l'atteggiamento in genere del Magistero cattolico in ordine a questi fenomeni? Il suo compito principale è quello di ricordare ai fedeli le parole di Gesù a Tommaso: "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!" (Gv 20,29). Non è dai fatti straordinari che deve nascere la fede anche se questi talora capitano e possono rientrare in un piano eccezionale di Dio. Quindi oltre all'invito di ricercare i fondamenti della propria fede nella vita ordinaria, costituita soprattutto dal frequente ascolto della Parola di Dio e dall'assiduità ai sacramenti, si aggiunge l'invito alla cautela anche perché un fatto inconsueto non ha necessariamente un'origine divina. All'invito alla cautela si deve poi aggiungere quello alla pazienza: infatti non è possibile esprimere un giudizio definitivo su un avvenimento ancora in corso; per questo motivo i santi sono riconosciuti tali solo dopo la morte. Nel frattempo si raccolgono dati, si cerca di capire, di fare esperienza. Il libro di Fiorella Turolli deve essere inteso come un contributo in questa direzione e il suo stupore non deve travolgere l'attento lettore che non dovrà trarre conclusioni affrettate. Fiorella è una preziosa testimone di alcuni eventi assai rilevanti e il suo libro ne è preziosa narrazione sia per il lettore della strada che per un lettore accreditato dal Magistero ecclesiale: infatti entrambi hanno bisogno di raccogliere elementi, di valutare, di ascoltare le testimonianze; con un'unica attenzione a non farsi coinvolgere troppo dalle emozioni che Fiorella Turolli con il suo stile semplice ed immediato, e pertanto assai comunicativo, riesce a trasmettere. Un'ultima avvertenza: non si chieda alla signora Turolli una precisione teologica meticolosa, essa è un'imprenditrice non una teologa! Si apprezzi piuttosto il suo desiderio di testimoniare quanto ha vissuto in prima persona e quanto ha fatto la fatica di raccogliere da testimonianze altrui in merito alle vicende che hanno Elia come protagonista. » Don Angelo Pellegrini DOCENTE DI TEOLOGIA PRESSO LA FACOLTÀ TEOLOGICA DELL' ITALIA CENTRALE (FIRENZE) DOCENTE DI FILOSOFIA MEDIOEVALE E RINASCIMENTALE PRESSO LA PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA (ROMA). Riferimenti Bibliografici

IL CIBO COME MEDICINA

IL CIBO COME MEDICINA

€ 7,00

ARGOMENTI TRATTATI - Premessa: «Quando Dio creò gli abitanti della Terra pensò anche al modo di alimentarli. Agli animali carnivori diede dei lunghi denti a forma di lama per poter tagliare (vedi i lunghi canini dello squalo e delle fiere), e l'articolazione mandibolare a forbice per meglio tranciare. Gli erbivori invece furono strutturati in modo tale che il loro muso tendesse verso terra per brucare meglio, mentre, all'uomo eretto, diede mani con agili dita per poter spigolare e raccogliere frutti dagli alberi. Gli regalò anche dei buoni denti a forma di mola ed un'articolazione mandibolare capace di muoversi in tre direzioni proprio per masticare agevolmente il cibo che gli aveva preparato. Poi, al sesto giorno della creazione Dio gli disse: "Ora ti do tutte le piante con i loro semi così avrai il tuo cibo". All'inizio l'uomo si nutriva secondo il suo istinto, e come gli animali, sapeva scegliere secondo i suoi bisogni, ciò che la natura stessa gli offriva: cereali, frutta, erbe, radici, legumi. Molto più tardi, con il progresso, l'uomo si trasferì in centri rurali ed urbani e non ebbe più bisogno di usare l'istinto per procurarsi il cibo perché poteva coltivarselo oppure accettare ciò che gli veniva proposto. Così a poco a poco, questa sua facoltà si offuscò. Poiché l'uomo è l'animale che meglio si adatta a qualsiasi sistema di vita, a qualsiasi tipo di cibo, anche fuori dal suo ambiente naturale, riuscì ad adattarsi anche alla vita caotica dei nostri giorni. Anche il suo cibo cambiò, non più quello semplice e SALUTARE, che si procurava un tempo, ma molto più vario, con gusti più forti, più sofisticato, più artefatto. Ma è in grado ora l'uomo di scegliere il cibo più adatto ai suoi bisogni? Per lo più non ci pensa nemmeno. Essendo oggi la vita molto frenetica, l'uomo ha poco tempo per riflettere su come nutrirsi, e fidandosi del fatto che altri hanno scelto per lui, accetta pigramente ciò che gli viene proposto dal sistema. Oggi, il cibo viene per lo più prodotto per dare piacere, che, per essere scelto, deve risultare sempre più gradevole al palato e sempre più piacevole agli occhi, ma pochi si chiedono come viene fatto. Perciò è bene ricordare che si può morire anche di piacere. ?Staccandosi dalla natura e dimenticando il suo istinto per orientarsi verso ben altre mete, l'uomo si è visto piovere addosso tutta una serie di disgrazie che prima non conosceva: gravi malattie, turbamenti psichici, disadattamento, alienazione?. Comunque, intelligente com'è, ora l'uomo ha capito che è giunto il momento di correre ai ripari. Ma è in confusione, perduto nel mondo del progresso, dei computer e della chimica. Vorrebbe ritrovare il suo istinto perduto, ma ciò gli riesce molto difficile, tanto è condizionato da quanto lo circonda. Perché non consigliarlo di cominciare da capo? Perché non operare una sorta di ritorno alla natura, un riavvicinamento alla vita semplice, ai cibi genuini? Questo può essere il primo passo perché possa ritrovare se stesso, il proprio equilibrio, la propria salute e con questa la gioia di vivere.» Riferimenti Bibliografici

IL MISTERO DELLA LUCE

IL MISTERO DELLA LUCE

€ 21,00

ARGOMENTI TRATTATI «Marco Margnelli, medico chirurgo, specializzato in chirurgia generale, è stato ricercatore neurofisiologo presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) per 15 anni. Da anni studia gli stati modificati di coscienza compiendo ricerche sperimentali Nuflo stato ipnagogico, sul sogno, sugli stati di coscienza indotti da sostanze psicotrope e sulla trance ipnotica. Ha studiato approfonditamente l'estasi mistica potendone osservare direttamente numerosi episodi, tra i quali quelli dei veggenti di Medjugorje. Si è anche interessato a fondo del fenomeno delle stigmate, potendo studiare direttamente cinque portatori di tali ferite mistiche. Attualmente è direttore del Centro Studi e Ricerche sulla Psicofisiologia degli Stati dà Coscienza, presidente della Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza, autore di più di un centinaio di pubblicazioni scientifiche e autore di cinque libri (in uscita con le Edizioni Segno: "Studi sulle stigmate" e "Studi sull'estasi"). L'estasi della passione è una particolare categoria dell'esperienza estatica che viene vissuta esclusivamente da coloro che portano sul proprio corpo segni della crocefissione, e cioè dagli stigmatizzati. Non si tratta di uno stato di coscienza differente dall'estasi in sé stessa, si tratta di un'estasi nella quale viene vissuta un'esperienza particolare, un po' come dire che se si trattasse di un sogno, sarebbe un sogno che si distinguerebbe dagli altri non per la "forma", ma per il suo contenuto. È un'esperienza mistica che abitualmente si verifica solo una volta all'anno, nella Settimana Santa che ha una durata di circa tre giorni. Secondo la narrazione dei Vangeli, il giovedì della settimana di Pasqua, Gesù consultò con gli Apostoli la cena pasquale e poi si recò nell'orto degli ulivi ove, verosimilmente, ebbe un'estasi ("Ed entrato in agonia, pregava più intensamente", Luca 22, 44) durante la quale sudò sangue. A sera venne arrestato e portato alla casa del sommo sacerdote ove passò la notte, insultato e percosso da coloro che l'avevano in custodia. La mattina del venerdì, dopo un sommario processo da parte dei sacerdoti, dei capi del popolo e dei dottori della legge, venne portato al cospetto di Pilato e accusato di fomentare rivolte, di istigare il popolo a non pagare i tributi ai Romani ed affermare di essere il re dei Giudei. Pilato, non convinto della colpevolezza di Gesù e ritenendo che il caso fosse di competenza delle autorità giudaiche, lo mandò da Erode. Questi, a sua volta poco persuaso delle accuse, ma soprattutto dagli accusatori, lo rimandò a Pilato. Ambedue temevano che condannando Cristo avrebbero provocato una sollevazione popolare e, di nuovo, Pilato si rifiutò di condannarlo a morte, proponendo invece di infliggergli una punizione corporale e poi di lasciarlo libero. A questo punto fu la folla che assisteva al giudizio che cominciò a chiedere a gran voce la crocefissione e Pilato, di nuovo intimorito dalla possibilità di un tumulto, cedette. Si procedette allora immediatamente alla flagellazione, alla coronazione di spine e, quindi, a condurre Gesù sul luogo del patibolo e a giustiziarlo. L'estasi della passione, dunque, consiste nel vivere fedelmente queste vicende immedesimandosi col Cristo cosi che sul corpo di coloro che la vivono compaiono i segni della flagellazione, delle spine o le lesioni alle ginocchia provocate dalle cadute sul selciato durante il cammino verso il patibolo. Ciascun momento della Passione è in qualche modo riconoscibile da un osservatore esterno sia per le espressioni mimiche, che per le posture che assumono le membra o il corpo degli estatici, sia per le grida che essi emettono o, talvolta, le parole che pronunciano. Il giovedì è contrassegnato da sudore di sangue, angoscia e pianto, talvolta con lacrime pure di sangue. Il venerdì, naturalmente, contrassegnato da momenti di grande drammaticità, con grida di dolore, spasmi del corpo, alterazioni del polso, della respirazione e della pressione del sangue che rivelano l'intensa sofferenza con la quale vengono vissute la flagellazione e la coronazione di spine. Uno dei momenti più drammatici è quello nel quale vengono infitti i chiodi, perché non solo l'estatico urla di dolore e si contrae negli spasimi della sofferenza, ma anche perché le stigmate si cruentano e cominciano a sanguinare a profusione. Finalmente, verso le tre del pomeriggio, dopo una penosa agonia, Gesù mori e lo/la stigmatizzato/a muore con lui nella sua immaginazione, mimando col corpo, con l'espressione del volto e con grida o parole di sconforto il momento nel quale sopravviene il trapasso. I segni della morte sono impressionanti e fedeli: in genere i testimoni vengono colpiti dallo sguardo che, da un'espressione di angoscia/incredulità/paura passa a una fugace velatura e poi alla quiete del sonno finale. Nella storia della stigmatizzazione esistono diverse (anche se non particolarmente numerose) testimonianze di queste spettacolari manifestazioni storiche, sia di teologi che di medici [...] A questo genere di esperienza va incontro annualmente Elia, che tengo sotto osservazione da due anni e che, tra altri esami, ho sottoposto anche ai test di Rorshach e MMPI (esami che servono a valutare lo stato di salute mentale), i quali non hanno evidenziato alcuna patologia e, in particolare, nessun sintomo di isteria. Elia è portatore di stigmate permanenti, quattro localizzate ai polsi, nella vera sede nella quale venivano inflitti i chiodi ai condannati alla crocefissione, consistenti in due ferite sulla superficie dorsale e due sulla superficie ventrale dei polsi, che hanno la forma di lesioni lineari poste trasversalmente all'asse maggiore dell'arto e sono della lunghezza di circa due centimetri sul dorso, un centimetro sulla superficie inferiore. Due altre stigmate sono localizzate alle caviglie (Invece che ai piedi), anch'esse lineari, ma, al contrario di quelle degli arti superiori, sono poste verticalmente, ovvero parallele all'asse maggiore della gamba. Sono lunghe circa un centimetro e mezzo. Sia quelle degli arti superiori che quelle degli arti inferiori sono poco profonde e assomigliano a delle escoriazioni che abbiano raggiunto il derma. All'emitorace destro, poco sotto il capezzolo, si trova una ferita orizzontale, di forma lineare, della lunghezza di circa cinque centimetri, che appare leggermente slabbrata, ma, come le altre, è poco profonda. Queste stigmate non scompaiono mai e sanguinano e dolgono ogni venerdì. Tutti gli anni, in occasione della settimana santa, Elia ha un'estasi della Passione e alla scadenza di quest'anno mi ha permesso di presenziare all'evento. Il giorno 17 aprile 2003, giovedì santo, insieme a una troupe televisiva, mi sono recato all'albergo (un albergo per religiosi, a Roma) ove si trovava ospite lo stigmatizzato. Nel percorrere il corridoio che conduceva alla stanza in cui Elia giaceva a letto, si avvertiva un fortissimo profumo di rose, la cui intensità finiva per dare quasi fastidio e diventare, se possibile, ancora più forte in camera, anche se dopo una decina di minuti si finiva per abituarcisi e a non avvertirlo quasi più...» Estratto dalla prefazione n° 2 - Relazione del Prof. Marco Margnelli.   Riferimenti Bibliografici