IL MISTERO DELLA LUCE
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ARGOMENTI TRATTATI
«Marco Margnelli, medico chirurgo, specializzato in chirurgia generale, è stato ricercatore neurofisiologo presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) per 15 anni. Da anni studia gli stati modificati di coscienza compiendo ricerche sperimentali Nuflo stato ipnagogico, sul sogno, sugli stati di coscienza indotti da sostanze psicotrope e sulla trance ipnotica. Ha studiato approfonditamente l'estasi mistica potendone osservare direttamente numerosi episodi, tra i quali quelli dei veggenti di Medjugorje. Si è anche interessato a fondo del fenomeno delle stigmate, potendo studiare direttamente cinque portatori di tali ferite mistiche. Attualmente è direttore del Centro Studi e Ricerche sulla Psicofisiologia degli Stati dà Coscienza, presidente della Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza, autore di più di un centinaio di pubblicazioni scientifiche e autore di cinque libri (in uscita con le Edizioni Segno: "Studi sulle stigmate" e "Studi sull'estasi"). L'estasi della passione è una particolare categoria dell'esperienza estatica che viene vissuta esclusivamente da coloro che portano sul proprio corpo segni della crocefissione, e cioè dagli stigmatizzati. Non si tratta di uno stato di coscienza differente dall'estasi in sé stessa, si tratta di un'estasi nella quale viene vissuta un'esperienza particolare, un po' come dire che se si trattasse di un sogno, sarebbe un sogno che si distinguerebbe dagli altri non per la "forma", ma per il suo contenuto. È un'esperienza mistica che abitualmente si verifica solo una volta all'anno, nella Settimana Santa che ha una durata di circa tre giorni. Secondo la narrazione dei Vangeli, il giovedì della settimana di Pasqua, Gesù consultò con gli Apostoli la cena pasquale e poi si recò nell'orto degli ulivi ove, verosimilmente, ebbe un'estasi ("Ed entrato in agonia, pregava più intensamente", Luca 22, 44) durante la quale sudò sangue. A sera venne arrestato e portato alla casa del sommo sacerdote ove passò la notte, insultato e percosso da coloro che l'avevano in custodia. La mattina del venerdì, dopo un sommario processo da parte dei sacerdoti, dei capi del popolo e dei dottori della legge, venne portato al cospetto di Pilato e accusato di fomentare rivolte, di istigare il popolo a non pagare i tributi ai Romani ed affermare di essere il re dei Giudei. Pilato, non convinto della colpevolezza di Gesù e ritenendo che il caso fosse di competenza delle autorità giudaiche, lo mandò da Erode. Questi, a sua volta poco persuaso delle accuse, ma soprattutto dagli accusatori, lo rimandò a Pilato. Ambedue temevano che condannando Cristo avrebbero provocato una sollevazione popolare e, di nuovo, Pilato si rifiutò di condannarlo a morte, proponendo invece di infliggergli una punizione corporale e poi di lasciarlo libero. A questo punto fu la folla che assisteva al giudizio che cominciò a chiedere a gran voce la crocefissione e Pilato, di nuovo intimorito dalla possibilità di un tumulto, cedette. Si procedette allora immediatamente alla flagellazione, alla coronazione di spine e, quindi, a condurre Gesù sul luogo del patibolo e a giustiziarlo. L'estasi della passione, dunque, consiste nel vivere fedelmente queste vicende immedesimandosi col Cristo cosi che sul corpo di coloro che la vivono compaiono i segni della flagellazione, delle spine o le lesioni alle ginocchia provocate dalle cadute sul selciato durante il cammino verso il patibolo. Ciascun momento della Passione è in qualche modo riconoscibile da un osservatore esterno sia per le espressioni mimiche, che per le posture che assumono le membra o il corpo degli estatici, sia per le grida che essi emettono o, talvolta, le parole che pronunciano. Il giovedì è contrassegnato da sudore di sangue, angoscia e pianto, talvolta con lacrime pure di sangue. Il venerdì, naturalmente, contrassegnato da momenti di grande drammaticità, con grida di dolore, spasmi del corpo, alterazioni del polso, della respirazione e della pressione del sangue che rivelano l'intensa sofferenza con la quale vengono vissute la flagellazione e la coronazione di spine. Uno dei momenti più drammatici è quello nel quale vengono infitti i chiodi, perché non solo l'estatico urla di dolore e si contrae negli spasimi della sofferenza, ma anche perché le stigmate si cruentano e cominciano a sanguinare a profusione. Finalmente, verso le tre del pomeriggio, dopo una penosa agonia, Gesù mori e lo/la stigmatizzato/a muore con lui nella sua immaginazione, mimando col corpo, con l'espressione del volto e con grida o parole di sconforto il momento nel quale sopravviene il trapasso. I segni della morte sono impressionanti e fedeli: in genere i testimoni vengono colpiti dallo sguardo che, da un'espressione di angoscia/incredulità/paura passa a una fugace velatura e poi alla quiete del sonno finale. Nella storia della stigmatizzazione esistono diverse (anche se non particolarmente numerose) testimonianze di queste spettacolari manifestazioni storiche, sia di teologi che di medici [...] A questo genere di esperienza va incontro annualmente Elia, che tengo sotto osservazione da due anni e che, tra altri esami, ho sottoposto anche ai test di Rorshach e MMPI (esami che servono a valutare lo stato di salute mentale), i quali non hanno evidenziato alcuna patologia e, in particolare, nessun sintomo di isteria. Elia è portatore di stigmate permanenti, quattro localizzate ai polsi, nella vera sede nella quale venivano inflitti i chiodi ai condannati alla crocefissione, consistenti in due ferite sulla superficie dorsale e due sulla superficie ventrale dei polsi, che hanno la forma di lesioni lineari poste trasversalmente all'asse maggiore dell'arto e sono della lunghezza di circa due centimetri sul dorso, un centimetro sulla superficie inferiore. Due altre stigmate sono localizzate alle caviglie (Invece che ai piedi), anch'esse lineari, ma, al contrario di quelle degli arti superiori, sono poste verticalmente, ovvero parallele all'asse maggiore della gamba. Sono lunghe circa un centimetro e mezzo. Sia quelle degli arti superiori che quelle degli arti inferiori sono poco profonde e assomigliano a delle escoriazioni che abbiano raggiunto il derma. All'emitorace destro, poco sotto il capezzolo, si trova una ferita orizzontale, di forma lineare, della lunghezza di circa cinque centimetri, che appare leggermente slabbrata, ma, come le altre, è poco profonda. Queste stigmate non scompaiono mai e sanguinano e dolgono ogni venerdì. Tutti gli anni, in occasione della settimana santa, Elia ha un'estasi della Passione e alla scadenza di quest'anno mi ha permesso di presenziare all'evento. Il giorno 17 aprile 2003, giovedì santo, insieme a una troupe televisiva, mi sono recato all'albergo (un albergo per religiosi, a Roma) ove si trovava ospite lo stigmatizzato. Nel percorrere il corridoio che conduceva alla stanza in cui Elia giaceva a letto, si avvertiva un fortissimo profumo di rose, la cui intensità finiva per dare quasi fastidio e diventare, se possibile, ancora più forte in camera, anche se dopo una decina di minuti si finiva per abituarcisi e a non avvertirlo quasi più...»
Estratto dalla prefazione n° 2 - Relazione del Prof. Marco Margnelli.
Riferimenti Bibliografici